Studi psicoterapeuti Cagliari
Studi psicoterapeuti cagliari. Terapia Breve Strategica

Per quali tipi di disturbi è indicata la Psicoterapia Breve Strategica?
Per tutti i tipi di disturbi, specialmente per fobie, ansia, blocchi da performance, attacchi di panico, disturbi alimentari, disturbi sessuali, disturbi ossessivo-compulsivi, paranoie e manie di persecuzione, depressione, ipocondria, problemi relazionali, presunte psicosi e qualunque tipo di problema sul quale è possibile lavorare per obiettivi. Se il problema non è chiaro nemmeno alla persona che richiede aiuto, sarà lo psicoterapeuta ad intervenire con la definizione di obiettivi raggiungibili. Per problemi meno invalidanti, che non rientrano espressamente nei quadri clinici sopra elencati, sono previste consulenze finalizzate all’orientamento, alla trasformazione dei limiti in risorse e all’aumento della fiducia nelle capacità personali. Non è particolarmente indicata per le dipendenze da droga e alcol.

La Psicoterapia Breve Strategica dà risultati che durano nel tempo?
Le ricerche effettuate sui follow-up (3 mesi, 6 mesi, 1 anno) di decine di migliaia di casi trattati mostrano che il cambiamento permane nel tempo, lo spostamento del sintomo è del tutto assente. Lo scopo della terapia strategica è, infatti, non solo l’eliminazione del sintomo, ma il totale rovesciamento del sistema percettivo-reattivo rigido e disfunzionale della persona verso uno più flessibile orientato all’aumento delle possibilità di scelta. La legittima preoccupazione riguardo lo spostamento del sintomo è del tutto annullata dai risultati delle ricerche effettuate sui follow-up. Le ricadute sono rare e, spesso, del tutto recuperabili.

La Psicoterapia Breve Strategica ha dei rischi?
Proprio grazie ai protocolli formalizzati su prescrizioni che forniscono ad essi valore euristico, predittivo ed autocorrettivo, non vi sono rischi effettivi.

Se soffro di ansia e inizio una terapia strategica, c’è la possibilità che mi possa aumentare l’ansia?
No, i protocolli sono strutturati ad hoc per eliminare l’ansia fornendo strumenti che col tempo si sostituiranno ad apprendimenti acquisiti che andranno ad eliminare ansia e attacchi di panico senza alcun rischio né pericolo.

La Terapia Breve Strategica prevede l’utilizzo di farmaci?
La Terapia Breve Strategica è un intervento psicoterapeutico e, come tale, non prevede l’ausilio di farmaci. Qualora il paziente arrivasse in terapia con una cura farmacologica in corso, si suggerisce di proseguire con questa, seguendo le indicazioni del proprio medico o psichiatra. Sarà preoccupazione del terapeuta, negli ultimi stadi della terapia e in seguito a consultazione con il medico o lo psichiatra curante, renderlo in grado, se possibile, di ridurre gradualmente l’assunzione dei farmaci, fino ad arrivare ad una completa interruzione del loro uso.

Quanto dura una Terapia Breve Strategica?
La Terapia Breve Strategica è un intervento psicoterapico breve e focale, che non supera le 20 sedute. L’esatta durata della terapia varia a seconda delle specifiche situazioni e problematiche. Tale forma di intervento deve inoltre produrre i primi sostanziali miglioramenti (se non la totale soluzione) del problema presentato entro le prime 10 sedute. Se le tecniche terapeutiche sono ben scelte e applicate, sono in grado di indurre dei cambiamenti già a partire dalle prime sedute del trattamento. Se questo non accadesse, il terapeuta strategico è solito interrompere il trattamento e indirizzare la persona a un collega dello stesso o diverso orientamento.

Qual è la frequenza delle sedute?
Nelle prime fasi del trattamento le sedute di Terapia Strategica possono essere a cadenza settimanale o quindicinale, a seconda del tipo di problema presentato e delle esigenze della persona stessa. Una volta ottenuto lo sblocco del disturbo e il primo sostanziale miglioramento, le sedute vengono ulteriormente distanziate per permettere alla persona di sperimentare le ritrovate risorse e capacità nella vita quotidiana, senza che venga a crearsi una forte dipendenza dal terapeuta. La terapia ha termine con 3 controlli (follow-up) condotti a distanza di 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dalla fine della terapia, per verificare il mantenimento del risultato nel tempo.

Quanto dura una seduta?
La durata di una seduta non è mai predeterminata, ma varia di volta in volta a seconda delle diverse esigenze della persona in terapia, della fase di trattamento in cui si trova e del tipo di problema presentato. La durata di una seduta può dunque variare da un’ora (nei primi incontri) fino a 20 minuti (generalmente nelle fasi avanzate del trattamento), a seconda della valutazione del terapeuta riguardo all’avvenuto raggiungimento degli obiettivi di ciascun incontro. Anche per quanto riguardo la durata della seduta, dunque, l’unica linea guida fondamentale seguita dal terapeuta appare l’estrema flessibilità, ma sempre guidata da specifici obiettivi prefissati e concordati.

La Terapia Breve Strategica dà risultati duraturi nel tempo?
Dalle ricerche effettuate su oltre 3000 casi trattati con la terapia breve strategica, sia dal Prof. Giorgio Nardone che dai suoi terapeuti affiliati e dai follow-up condotti a distanza di 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dalla fine della terapia, si evidenzia non solo un’elevata efficacia dell’intervento in termini di soluzione del problema, ma anche e soprattutto il mantenersi di tali risultati nel tempo.

Conosco una persona che soffre ma non vuole chiedere aiuto, come potrei convincerla?
La Psicoterapia Breve Strategica ha molti strumenti per lavorare indirettamente o per coinvolgere una persona in psicoterapia. Durante la prima seduta, dopo un’attenta osservazione del problema presentato, vengono spiegate le manovre da utilizzare con l’interessato.

Sono già in trattamento presso un altro specialista, posso iniziare una Psicoterapia Breve Strategica?
Non sussistono controindicazioni, si può lavorare trasversalmente ad altri percorsi terapeutici.

Attualmente sto seguendo una terapia farmacologica per il mio disturbo, posso iniziare la terapia breve strategica o devo prima interrompere l’uso dei farmaci?
Accade frequentemente, soprattutto nei casi di disturbi impedenti e generalizzati (disturbi d’ansia, fobie, attacchi di panico, agorafobia, ipocondria, ossessioni, compulsioni; disordini alimentari; attacchi depressivi e psicosi), che la persona giunga in terapia con una terapia farmacologica in corso. In questi casi è opportuno che la persona eviti di sospendere o variare la propria terapia farmacologica per tutta la prima parte della psicoterapia, fino a quando non siano stati prodotti sostanziali cambiamenti nella sintomatologia presentata. Negli stadi più avanzati del trattamento, al contrario il terapeuta, in collaborazione con lo specialista che ha prescritto la terapia farmacologica, procederà a ridurre i farmaci fino allo loro totale eliminazione.
È tra gli obiettivi primari della terapia strategica liberare la persona dalla dipendenza dal farmaco, aspetto peculiare per poter dichiarare il trattamento concluso efficacemente.

Ritengo di avere un problema non particolarmente impedente o grave, ma sento comunque la necessità di consultare uno psicologo. Devo intraprendere un percorso di psicoterapia o esistono anche altre forme di intervento strategico?
Nei casi di problemi non particolarmente acuti e pervasivi, il terapeuta strategico può proporre un intervento di consulenza breve strategica piuttosto che una vera e propria terapia. La consulenza breve risulta essere particolarmente funzionale ed efficiente quando si ha a che fare con disturbi definibili come “non impedenti”, ovvero problemi che pur limitando in modo circoscritto le opportunità di un individuo, non ne ostacolano la vita quotidiana.
I disturbi non impedenti comprendono differenti categorie: problemi di coppia o sentimentali; difficoltà relazionali con colleghi di lavoro; problemi di relazione genitori-figli; problemi scolastici; blocchi della performance; sintomatologie potenzialmente impedenti ma non ancora strutturate.
La consulenza breve ha un elevato grado di efficacia ed efficienza (al di sotto delle 5 sedute) ed è indicata per tutti coloro che intendono trovare soluzioni rapide ed efficienti a difficoltà che pur non costituendo impedimenti, vengono vissute in un dato momento della propria esistenza, come insuperabili senza un valido aiuto esterno.

Attualmente sto vivendo un momento particolarmente difficile della mia vita; mi sento così confuso da non riuscire ad identificare uno specifico problema su cui lavorare. Può essermi d’aiuto una Terapia Breve Strategica?
Talvolta può accadere che una persona si senta talmente confusa e sofferente da non riuscire a definire chiaramente il proprio disagio. In questi casi è compito del terapeuta guidare la persona a identificare con chiarezza il problema che lo affligge concordando gli obiettivi da raggiungere. Presupposto fondamentale per poter intraprendere una psicoterapia è dunque quello di concordare uno o più obiettivi su cui lavorare, anche in assenza di una chiara definizione del problema.

Credo di avere un problema di coppia, ma il mio compagno non vuole rivolgersi ad uno specialista. Posso fare qualcosa anche da solo?
Sebbene la Terapia Breve Strategica lavori anche con le coppie, vedendo entrambi i partner in seduta, buona parte di questi problemi relazionali può essere affrontata mediante un lavoro terapeutico condotto sul membro della coppia che dichiara di vivere un disagio senza dover coinvolgere il partner nella decisione. Sarà compito del terapeuta analizzare il tipo di problema manifestato e valutare se sarà possibile o addirittura preferibile condurre la terapia con uno solo dei membri della coppia, o se sarà invece necessario coinvolgere in qualche modo l’altro partner almeno in qualche fase del trattamento.

Nostro figlio/a ha problemi che richiedono l’intervento di uno specialista, ma si rifiuta di intraprendere una terapia. Cosa possiamo fare?
Da un punto di vista strategico, portare in consultazione psicologica un bambino è un evento potenzialmente dannoso. Difatti, oltre a dar vita ad un pericoloso processo di “etichettamento diagnostico” a partire fin dai primi anni di vita, l’essere in cura da uno psicologo rischia di far sentire il bambino “anormale”, “cattivo” o comunque “diverso”. Questo non può che avere conseguenze negative sul suo sviluppo psicologico.
Oltre a ciò, quando si ha a che fare con bambini al di sotto dei 12-13 anni (prima della pre-adolescenza), la leva più vantaggiosa per produrre un cambiamento appare la famiglia stessa, piuttosto che la figura esterna del terapeuta.
In altri termini, la via principale per produrre dei cambiamenti rapidi e persistenti in un bambino passa attraverso il lavoro indiretto condotto con i genitori. Grazie a concrete indicazioni di comportamento, i genitori saranno guidati dal terapeuta a modificare le loro “tentate soluzioni” che porteranno alla risoluzione del problema presentato dal figlio, senza che sia necessario vedere il bambino in seduta nemmeno una volta.

Nostro figlio/a ha problemi che richiedono l’intervento di uno specialista, ma riteniamo sia troppo piccolo per affrontare una terapia. Possiamo fare qualcosa come genitori?
Talvolta succede che i genitori rilevino segnali preoccupanti nel proprio figlio/a che inducono a ritenere utile un intervento psicoterapico o una consultazione psicologica. Accade, però, frequentemente che i figli, soprattutto nell’età dell’adolescenza o nella prima età adulta, rifiutino di accettare l’esistenza di un problema e, di conseguenza, di consultare uno specialista. Questo accade spesso nell’ambito dei disordini alimentari (anoressia, bulimia, vomiting e binge-eating), in cui la figlia nega di avere alcun tipo di problema con il cibo, ma anche relativamente a problemi di tipo fobico-ossessivo (ansia, compulsioni, fobie, etc.), relazionale (difficoltà a relazionarsi con i pari, aggressività verso i familiari, etc.) o depressivo. Possiamo considerare in questa categoria anche tutti i casi di difficoltà scolastiche o relazionali con i genitori che, sebbene meno allarmanti da un punto di vista diagnostico, sono comunque causa di sofferenza e disagio in famiglia.
Quando questo si verifica, il terapeuta è solito fare un primo incontro con i genitori e valutare con loro se il problema richieda un intervento psicoterapico e, se si, di quale tipo. Lo specialista potrà dare indicazioni concrete ai genitori su come comportarsi con il figlio/a che manifesta il problema, ricorrendo in tal modo ad una forma di terapia indiretta, oppure dare indicazioni e suggerimenti su come cercare di coinvolgere il figlio/a nella terapia.
Accade spesso che un intervento inizialmente indiretto, condotto solo attraverso i genitori, si trasformi in un secondo momento in un intervento misto, ovvero condotto sui genitori e sul figlio, il quale appare più disposto ad entrare in terapia sulla scia dei cambiamenti messi in atto dai genitori.